LOTTA ALLA PARAPLEGIA TUTTA ITALIANA

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Ripristinare il dialogo interrotto tra sistema nervoso centrale e muscoli:
è quanto sembra essere possibile con una tecnica messa a punto da ricercatori di Brescia, guidati dal neurochirurgo Giorgio Brunelli. Fino a oggi non c'era alcun dubbio: una lesione del midollo spinale non può essere rimarginata perché il sistema nervoso centrale non permette la progressione degli assoni che provengono dai motoneuroni della corteccia cerebrale. L'impulso nervoso, durante il suo tragitto, trova infatti nel midollo un ambiente che è di ostacolo e non gli permette di raggiungere le cellule muscolari. Oggi, però, quest'evidenza scientifica è stata messa in discussione dai sorprendenti risultati di una ricerca tutta italiana, condotta all'Università di Brescia da Giorgio Brunelli, presidente della Fondazione per la ricerca sulle lesioni del midollo (E.S.C.R.I.), in collaborazione con i ricercatori PierFranco Spano, Sergio Barlati, Bruno Guarnieri, Alessandro Barbon, Roberto Bresciani, Marina Pizzi, dell'Università di Brescia e pubblicata sull'autorevole rivista Proceeding National Academy of Science (PNAS 2005, vol. 102, n. 24, pp. 8752-8757).


Gli studiosi sembrano aver dimostrato che, collegando direttamente il midollo spinale ancora vitale, cioè la parte congiunta al cervello, al muscolo per mezzo di un innesto di segmento nervoso (in grado di scavalcare la parte di midollo danneggiata e tutto il midollo sottostante), le cellule muscolari sono in grado di ricevere lo stimolo proveniente dall'alto. Una scoperta che smentisce la convinzione secondo la quale i muscoli possono ricevere gli impulsi nervosi solo grazie all'attività dei motoneuroni spinali, che utilizzano come neurotrasmettitore l'acetilcolina. In questo caso, invece, gli impulsi cerebrali arrivano direttamente ai muscoli utilizzando un neurotrasmettitore diverso, cioè il glutammato, a dimostrazione dell'enorme plasticità degli "interruttori" neuromuscolari. Questi, infatti, sembrerebbero essere in grado di adattarsi per ricevere, elaborare e rispondere ai segnali cerebrali, riprendendo un dialogo ormai interrotto tra sistema nervoso e attività muscolare.
La prima donna a essere sottoposta a questo tipo di operazione, nel 2000, è stata Gigliola Centurelli, fotomodella, paraplegica a causa di un incidente stradale. Dopo tre anni e 7-8 ore al giorno di riabilitazione, oggi Gigliola cammina, con meraviglia da parte del mondo scientifico, compresa Rita Levi Montalcini che per questo ha deciso di candidare Giorgio Brunelli al premio Nobel per la medicina.
Con un'intervista ai protagonisti dell'ateneo bresciano, cerchiamo di ripercorrere le più importanti tappe che hanno permesso di scrivere una nuova pagina nella storia della neurobiologia.

Professor Brunelli, come è nata l'idea di portare i nervi che discendo¬no dal cervello in contatto diretto con i muscoli?
In una sfida incessante tra me e il midollo spinale, intorno alla fine degli anni Ottanta, decisi di capire a fondo perché il midollo sottolesionale è incapace di ricevere gli assoni provenienti dall'alto. Ebbi, così, l'idea di trascurare il moncone distale del midollo leso e di connettere direttamente il moncone prossimale con i nervi motori dei muscoli, per mezzo di innesti di nervi periferici, come fossero una sorta di ponte. I primi esperimenti sui ratti dimostrarono che i motoneuroni del sistema nervoso centrale erano in grado di percorrere i nervi periferici, fino a raggiungere i muscoli e, saltando la cellula motrice midollare, di comunicare con i muscoli. Questo mi spinse, agli inizi degli anni Novanta, a operare un gruppo di 20 primati e i risultati ottenuti confermarono l'intuizione di partenza. Le indagini strumentali, infatti, non lasciavano dubbi: la stimolazione magnetica del cervello dimostra¬va la continuità dell'innervazione delle fibre midollari fino al muscolo connesso all'innesto e si notarono buone risposte muscolari sia con l'elettromiografia sia con le analisi istochimiche e morfologiche.

Quando decise di operare Gigliola Centurelli?
Dopo aver ottenuto il permesso da parte del comitato etico del SSN, nel luglio del 2000 mi decisi a operare Gigliola, che in un incidente d'auto aveva riportato una lesione del midollo spinale T8-T9. In pratica, innestando un tronco nervoso prelevato dalla gamba della ragazza, collegai la parte di midollo spinale situata sopra la lesione, quindi ancora vitale perché collegata al cervello, con alcuni nervi che controllano le masse muscolari. Così, saltando il tratto di midollo danneggiato, tentai di far comunicare il sistema nervoso centrale direttamente con i muscoli della donna. Dopo poco più di un anno, si cominciarono a evidenziare le prime risposte muscolari, con movimenti volontari e contrazione selettiva dei muscoli reinnervati. Reazioni che, con il passare del tempo e con un'intensa rieducazione motoria, apparivano sempre più evidenti e migliori. E a soli 3 anni dall'intervento. Gigliola era in grado di camminare mettendo in discussione il suo futuro di paraplegica a vita.

Come si può giustificare questa comunicazione diretta tra cervello e muscoli, senza l'inter-vento dell'acetilcolina?
È la stessa domanda che mi pose Rita Levi Montalcini. Com'era possibile che i muscoli di Gigliola rispondessero al comando dei motoneuroni cerebrali (che per comunicare utilizzano il glutammato), mentre i muscoli normalmente sono programmati per rispondere all'acetilcolina?
Da qui, è partita una vera e propria ricerca di base multidisciplinare, che ha coinvolto gli Istituti di Ricerca dell'Università degli studi di Brescia, all'avanguardia nel campo della neurofisiologia, diretti tra gli altri da Marina Pizzi, professore associato di Farmacologia dell'ateneo bresciano.

Professoressa Pizzi, in che modo si è potuta dimostrare la sensibilità delle placche motrici al glutammato?
Utilizzando il curaro, abbiamo subito notato che il muscolo reinnervato non si paralizzava e che, quindi, l'innervazione non era più quella normale colinergica. Le placche motrici si erano, quindi, adattate a rispondere a un neurotrasmettitore tipico del sistema nervoso centrale, il glutammato. Se si bloccava quest'ultimo, infatti, il muscolo si paralizzava confermando che era innervato da un neurone cerebrale e non da uno spinale. Sono seguiti studi di biologia molecolare, che hanno poi evidenziato la presenza di recettori specifici per il glutammato nei muscoli rein¬nervati. In particolare, a tale conclusione si è arrivati anche grazie all'analisi in microscopia confocale dei recettori muscolari per il glutammato, eseguita da Roberto Bresciani, professore associato di Biochimica e Chimica Clinica all'Università degli studi di Brescia e con le conoscenze di genetica e genomica messe in rilievo da Sergio Barlati, professore ordinario di Genetica all'Università degli studi di Brescia.

Professor Barlati, qual è stato il ruolo in questo studio della genetica e della genomica?
In questi anni, grazie all'esperienza di Alessandro Barbon e De Luca Lavia e sfruttando le conoscenze raggiunte sul genoma umano, abbiamo effettuato la caratterizzazione di una serie di geni, tra cui proprio quelli dei recettori del glutammato. Sfruttando le nozioni di genetica molecolare e di bio-informatica, abbiamo così ricostruito alcuni di questi geni che ci hanno permesso di vedere, nel punto di contatto del nervo con il muscolo, che cosa cambiava prima e dopo la reinnervazione e quali erano i geni attivi in quel determinato punto. La scoperta fu sensazionale: anche a livello della placca neuro-muscolare normale, acetilcolinergica, erano presenti i recettori del glutammato, oltre naturalmente a quelli dell'acetilcolina. Si arrivò, così, alla conclusione che in presenza di reinnervazione, questi recettori al glutammato ricevono una stimolazione. È come se la giunzione neuro-muscolare avesse mantenuto nella memoria qualcosa che l'evoluzione le aveva fatto perdere (in alcune specie di mosche e lumache questo recettore glutammatergico, infatti, è ancora presente), capace di riorganizzarsi in caso di necessità.

Una scoperta da Nobel
Ogni anno tutti i Nobel hanno il compito di segnalare una rosa di possibili candidati al prestigioso premio per la disciplina che gli compete. E quest'anno Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina nel 1986 a seguito della scoperta del Fattore di crescita nervoso (NGF), ha deciso di candidare Giorgio Brunelli, da 30 anni impegnato attivamente nella lotta alle lesioni del midollo spinale. Sforzi che hanno permesso di portare alla sensazionale dimostrazione che i nostri "interruttori" neuromuscolari possono riprogrammarsi. Senza dimenticare che Brunelli è stato anche tra i primi al mondo a impiantare protesi totali d'anca (nel 1964) e a effettuare reimpianti di arti (nel 1973), fino ad arrivare ai più recenti studi di trasmissione nervosa. Una ricerca importante, che potrebbe dare il via a un legame stabile tra l'Escri (l'European spinal cord research institute) e l'Ebri (l'European brain research institute, fondato dalla Montalcini), così da realizzare una collaborazione tra gli studiosi del cervello e quelli del midollo spinale, che permetta di lavorare su entrambi i fronti (cervello e midollo) nel drammatico campo dei traumi alla colonna vertebrale, che solo in Italia ogni anno conta 1.800 nuovi casi.

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